le mie favole
C’era una volta… ma quando c’era?
C’era di giorno o c’era di sera?
Non me lo ricordo più… vabbè
Ora c’è una favola per te.


«Abbiamo ispezionato tutta la valle non ci sono altri campi sbocciati!», dichiarano alcune api angosciate.
«Scusate se vi interrompo, io potrei aiutarvi, ieri ho dormito in una distesa di boccioli di mille colori, di mille profumi!», interviene un orso udendo le preoccupazioni dell’alveare.
L’ape svolazzando sul muso gli chiede: «Per favore potresti fornirci tutte le indicazioni per trovare il campo, dobbiamo aumentare le nostre provviste di miele prima che arrivi l’inverno!».
«Ma certo! Oggi non ho ancora fatto colazione! Se mi donate un po’ del vostro buon miele, sarò lieto di accompagnarvi al luogo fiorito così potrete produrre miele in abbondanza!», risponde l’orso con tono gentile.
Le api impazienti gli forniscono subito una abbondante dose di miele.
L’orso divora il miele, si tuffa dentro il fiume e nuotando sott’acqua scappa via. Si è inventato tutto, non conosce la strada per il prato fiorito.
Fidarsi è bene non fidarsi è meglio.

Un vecchio orso esce dalla tana: il letargo è terminato.
“La primavera è già inoltrata, ho dormito più del dovuto.”, così pensando l’orso si dirige verso il fiume.
Giunto alla riva individua il punto migliore, si mette fermo immobile su un grosso sasso e con pazienza attende la sua preda.
«Ti prego sii gentile, non mi mangiare. Ho appena iniziato a visitare il mondo. Inoltre sono così piccolo che non ti sazierei. Sono pieno di spine e, se una di queste ti rimanesse incastrata in gola, ti darebbe molto fastidio. Se mi lasci andare, invece, ti indicherò un luogo pieno zeppo di frutti e lì si che potrai saziarti a volontà per giorni interi!».
«Sei alquanto bruttino, solo testa e pinne. Ti rimetto in acqua, ma bada bene, devi mantenere la promessa altrimenti ti riacchiappo e non avrò pietà! E, soprattutto, non dire a nessuno che ti ho liberato!», così dicendo l’orso libera la creatura.
Il piccolo pesce sguazzando nell’acqua mantiene la promessa: «Segui la riva, finché non giungerai alla grande quercia, lì attraversa il fiume e ti ritroverai davanti ad un frutteto con mele, pere, nespole, susine, albicocche. Buon appetito caro amico!».
Il vecchio orso grazie alle indicazioni del pesciolino trova la sua riserva di cibo, non dovrà spaccarsi la schiena per pescare e in attesa del prossimo letargo trascorrerà un periodo da pacchia.
“La primavera è già inoltrata, ho dormito più del dovuto.”, così pensando l’orso si dirige verso il fiume.
Giunto alla riva individua il punto migliore, si mette fermo immobile su un grosso sasso e con pazienza attende la sua preda.
«Ti prego sii gentile, non mi mangiare. Ho appena iniziato a visitare il mondo. Inoltre sono così piccolo che non ti sazierei. Sono pieno di spine e, se una di queste ti rimanesse incastrata in gola, ti darebbe molto fastidio. Se mi lasci andare, invece, ti indicherò un luogo pieno zeppo di frutti e lì si che potrai saziarti a volontà per giorni interi!».
«Sei alquanto bruttino, solo testa e pinne. Ti rimetto in acqua, ma bada bene, devi mantenere la promessa altrimenti ti riacchiappo e non avrò pietà! E, soprattutto, non dire a nessuno che ti ho liberato!», così dicendo l’orso libera la creatura.
Il piccolo pesce sguazzando nell’acqua mantiene la promessa: «Segui la riva, finché non giungerai alla grande quercia, lì attraversa il fiume e ti ritroverai davanti ad un frutteto con mele, pere, nespole, susine, albicocche. Buon appetito caro amico!».
Il vecchio orso grazie alle indicazioni del pesciolino trova la sua riserva di cibo, non dovrà spaccarsi la schiena per pescare e in attesa del prossimo letargo trascorrerà un periodo da pacchia.
Vede arrivare un piccolo pesce che, ignaro del pericolo si ferma ad osservare un sassolino colorato. L’orso balza sulla piccola creatura. Si rialza, sente un dolore acuto alla schiena, apre le sue zampe e, dolente, dice: «Ahimè la vecchiaia si fa sentire! Però ecco il primo pesce della stagione! Non sei certo un grande pasto, ma mi devo accontentare. Inizio a sentire gli anni!».
Un gesto gentile porta sempre qualcosa di buono.

La Rosa e la Margherita
In un’aiuola fiorisce una rosa rossa, tanto bella quanto vanitosa. Squadra altezzosa gli altri fiori, guardandoli dall’alto del suo lungo gambo. “Come sono brutti e goffi” pensa. Comincia allora a offenderli.
«Violetta, svegliati! Sempre mogia, con la testa china, sei così triste da osservare. Non parliamo di te Margherita. Come sei pallida! Bianca come un fantasma, smorta. Che sciatteria! Guardatemi e prendete esempio da me. Le farfalle si posano solo sui miei petali perché il mio colore è sgargiante, il mio profumo è sublime e il mio portamento è regale».
«Violetta, svegliati! Sempre mogia, con la testa china, sei così triste da osservare. Non parliamo di te Margherita. Come sei pallida! Bianca come un fantasma, smorta. Che sciatteria! Guardatemi e prendete esempio da me. Le farfalle si posano solo sui miei petali perché il mio colore è sgargiante, il mio profumo è sublime e il mio portamento è regale».
Non soddisfatta, stringe gli occhi e con una smorfia si rivolge ancora a Margherita: «Mi vergogno di te. Non sei degna di questa aiuola!».
«Rosa, ti chiedo scusa se non ti piace il mio colore, ci ho provato ma non riesco a dare una sfumatura ai miei petali», dice l’umile e semplice Margherita mortificata.
Ma, mentre parla, vede avvicinarsi una cimice, così le viene in mente un’idea. Alza la voce, in modo che anche la cimice possa sentire: «Hai ragione, Rosa, e lo devono sapere tutti: sei la regina di tutti i fiori. Il tuo profumo non è soltanto sublime. È invidiabile, irresistibile!».
La cimice, che viene presa in giro dagli altri insetti per il suo cattivo odore, nel sentir quelle parole vola subito verso la Rosa.
“Non sapevo che la Rosa fosse migliore degli altri fiori. Adesso prenderò un po’ del suo profumo, così profumerò anch’io” pensa, ma nella fretta finisce su una spina, si spaventa e volando via rilascia il suo pessimo odore sui petali della Rosa..
La Rosa diventa ancor più rossa, ma questa volta per la rabbia e la vergogna! L’odore della cimice le è rimasto addosso, impregnato ed è diventata il fiore più puzzolente di tutta l’aiuola. Le farfalle, da quel giorno, preferiscono la semplice e ben più gentile Margherita!
Mai sminuire la bellezza altrui.
(illusrazione di Elisabetta Micheloni)

La Rana e il Ragno
Anche oggi, la rana osserva un ragno che con cura e agilità rattoppa la sua ragnatela. «Perché tutti i giorni ti affanni a sistemare una cosa che il giorno dopo è distrutta?», chiede perplessa la rana.
Il ragno, facendo una capriola tra un filo e l’altro, le spiega: «La ragnatela mi serve per procurarmi il cibo. Devo rassettarla ogni volta, come fanno i pescatori con le loro le reti».
Il ragno, facendo una capriola tra un filo e l’altro, le spiega: «La ragnatela mi serve per procurarmi il cibo. Devo rassettarla ogni volta, come fanno i pescatori con le loro le reti».
«Tutta questa fatica per acciuffare due mosche! Con la mia lingua appiccicosa ne prendo molte di più!», la rana ridendo lo prende in giro.
«Facciamo una gara? Vediamo a fine giornata chi ha preso più insetti!», propone il ragno.
La rana accetta la sfida e inizia a saltellare di qua e di là srotolando la sua lingua adesiva. Gli insetti non hanno scampo.
Quando la giornata è quasi terminata, la rana osserva il suo secchio pieno di animaletti ed è soddisfatta per il suo bottino. Si dirige verso il ragno fiduciosa di vincere, ma ha un’inaspettata sorpresa: la ragnatela è piena zeppa di insetti di ogni tipo. La rana non può rischiare di perdere dopo tutti quei salti e quella fatica!
L’avversario sta dormendo in un angolino, proprio come fanno i pescatori che riposano nell’attesa di raccogliere le reti. La rana ne approfitta e, in silenzio, allunga la lingua verso la ragnatela per rubare gli insetti al ragno. Ma i robusti fili della tela imprigionano anche la sua lingua e per liberarsi deve chiedere, tutta rossa di vergogna, aiuto al ragno, perdendo così la sfida.
Nelle sfide bisogna sempre essere leali.
(illustrazione di Elisabetta Micheloni)
UN ORSETTO LAVATORE, UNA VOLPE E UN PETTIROSSO

Sul lato di un grande castagno c’era la tana di una volpe e nell’altro lato la tana di un orsetto lavatore. In alto, tra i due rami centrali, c’era il nido di un pettirosso.
«Che bontà queste ciliegie!», esclamò la volpe sputando gli ossicini.
L’orsetto lavatore uscì dalla tana e … un nocciolo lo colpì in un occhio.
«Volpe, fai attenzione, mi hai fatto male!», disse sfregandosi l’occhio, «Guarda, hai sporcato ovunque! Ogni giorno devo pulire l’ingresso della mia tana per colpa tua!».
«Brontoli sempre! Io non mi lamento se tu sporchi d’avanti la mia tana», commentò la volpe alzando gli occhi al cielo.
«Io non sporco mai! Potresti almeno donarmi qualche ciliegia, per colpa tua non ho ancora fatto colazione, ma devo sempre pulire! Qua ci sono anche i gusci delle noccioline che hai mangiato ieri sera!», disse l’orsetto lavatore.
«Non ti regalo nessuna ciliegia. Ho fatto una gran fatica a raccoglierle. Si trovano sopra un albero al di là del fiume», così dicendo la volpe, senza ritegno, continuò a mangiare e sputare ossicini.
«Maleducata, non mi chiedi neanche scusa!», considerò l’orsetto arrabbiato.
«BASTAAAA! Tutti i giorni la stessa storia. Litigate per ogni cosa.», urlò il pettirosso.
I due litiganti alzarono lo sguardo, ma la discussione non terminò, anzi…
«È colpa sua!», accusò l’orsetto lavatore.
«Non è colpa mia se sei fissato con le pulizie…», la volpe di colpo alzò le orecchie sentendo uno strano rumore.
«Nascondetevi c’è un cacciatore!», avvertì il pettirosso volando verso il punto più alto dell’albero.
I due si ripararono nelle proprie tane. Poco dopo, nei pressi del castagno, giunse un uomo con un fucile intento a scrutare tra cespugli, foglie e alberi cercando un indizio per una possibile preda. Per fortuna il cacciatore non notò gli ossicini e i gusci e presto si allontanò.
I tre uscirono dai loro nascondigli e la discussione riprese.
«Prima o poi qualche cacciatore ci troverà col suo disordine!», esclamò l’orsetto lavatore.
«Io sono una volpe, sono astuta, so come scappare e non ho paura!», con aria beffarda la volpe si vantava delle sue qualità.
Il pettirosso, a quel punto prese posizione, si posò sulla testa della volpe e propose: «Troviamo un accordo per convivere tutti e tre sotto questo albero: tu volpe procurerai il cibo dividendolo con noi. Tu orsetto lavatore ti occuperai di tenere pulito e ordinato tutto intorno. Io, dall’alto, farò la guardia e vi informerò se nel bosco arriva un cacciatore!».
«Mi sembra una saggia proposta, io accetto», così dicendo la volpe, per prima allungò la zampa verso l’orsetto lavatore in segno di pace, questi accettò di buon grado e l’accordo tra i tre fu sigillato.
La collaborazione è il primo passo per il quieto vivere.
Segnalazione speciale di merito alla 3^ Edizione 2021 del concorso letterario nazionale “Jucunde Docet”
