narrativa - Sabrina Ginocchio

Vai ai contenuti

SEGNI OLTRE LA FINESTRA

Trama
 
La narrazione ruota intorno a due donne. Margherita nel giorno del suo ventesimo compleanno finisce in carcere. Silvia è in pensione e, nel ritrovarsi tra le mura di casa dopo anni di insegnamento, sente il bisogno di comunicare con qualcuno.
Due donne. Due diversi destini.
Tra detenzione e libertà, due anime che si raccontano dando vita a un inconsueto scambio epistolare.  
Il romanzo è diviso in tre parti. Nella prima viene narrata l’entrata in cella di Margherita, nella seconda lo scambio epistolare tra Margherita e Silvia e infine la terza parte racconta l’incontro tra le due protagoniste.

Due donne con due caratteri diversi, ma con molte affinità in comune.

INCIPIT
Mia madre aveva vent’anni quando mi partorì. Dicono che ero nata male, asfissiata dal cordone ombelicale che si era arrotolato attorno al mio collo come un serpente.
I dottori credevano che fossi morta e, all’improvviso, dalla mia boccuccia nera uscì un grido rabbioso. Ero viva! I dottori tagliarono quel serpente, mi lavarono e mi adagiarono sul seno della mamma.
Rimasi figlia unica, mia madre il giorno dopo scomparve dalla mia vita, un’emorragia se la portò via. I dottori non riuscirono a salvarla. Così mi dissero.  
Dopo vent’anni, dalle mie labbra uscì un altro grido, aveva un tono diverso: di rabbia.
Maledetti!
Non me lo meritavo! Ero inciampata e gli sbirri veloci come una palla da baseball mi raggiunsero, proprio il giorno del mio compleanno.
Dentro mi sentivo una vittima, rifiutavo la condanna, mi consideravo innocente e davo la colpa alla sfortuna, tutta colpa del marciapiede disconnesso, misi male il piede e mi ritrovai con il viso per terra.
Non mi credettero e mi ficcarono dentro, in prigione.
Mi misero in una cella di isolamento, per via della mia tossicodipendenza.
Dopo tre mesi, l’isolamento finì, fui promossa, fui trasferita in sezione. La vita con le altre detenute mi trovò impreparata, l’isolamento era entrato dentro di me, e in quel breve tempo era diventato il mio amico fedele e silenzioso. Ora dovevo accettare la nuova condizione e conviverci.

 
PREFAZIONE DI PAOLA PERETTI
Ho cercato a lungo un modo "colto" d'incominciare la prefazione a questa raccolta di racconti, che in realtà è una metaraccolta (o quasi un romanzo breve), ed è altresì ricolma di spunti a cui agganciarsi, di segni , come suggerisce il titolo stesso.
Ma via via che leggevo le parole di Sabrina, che osservavo le illustrazioni di Alessandra, capivo sempre di più quanto fosse importante restituire l'impressione suscitata dalla loro opera delicata, un'opera sapientemente costruita e proprio per questo capace di disegnare immagini immediate davanti agli occhi del lettore.
Segni oltre la finestra è una sorta di pellicola, un film che scorre senza intoppi, regalando la luce del bianco e dell'azzurro, "ganci" fondamentali che costellano tutta la struttura narrativa, nel buio della sala di proiezione.
E' una storia di molte donne, e, si sa, le donne sono bravissime a creare ponti. La stessa finestra del titolo lo è: un ponte verso Altro, verso gli altri, le altre donne. La finestra come varco, tramite simbolico tra il nostro sguardo - quello di chi narra - e lo sguardo delle persone che calpestano la nostra stessa terra. Attraverso la finestra del carcere femminile in cui è detenuta Margherita, il primo pezzo del "guscio" che contiene tutte le altre storie, si aprono una miriade di ulteriori finestre e ponti, non più piccoli o meno importanti, ma solo differenti.
Che bellezza avere ancora una volta la conferma che le arti, la scrittura, il disegno, il racconto, e le loro caratteristiche più genuine, come la sintesi, il dettaglio, l'ironia, la libertà, costituiscono ancora oggi un'àncora di salvezza nel mondo...

Paola Peretti è nata vicino a Mantova nel 1986 ed è cresciuta in provincia di Verona, dove vive. È giornalista freelance e ha insegnato italiano ai bambini immigrati. Per Rizzoli ha pubblicato La distanza tra me e il ciliegio (2018), tradotto in 20 Paesi.

Torna ai contenuti